sabato 27 luglio 2013

Trentaseiesima puntata - Diario di Pechino




16 agosto 2011 – Pechino

Stanotte è piovuto di nuovo ma stamattina è comparso il sole e il cielo si è riempito di blu. Man mano che passavano le ore il tempo s’è migliorato fino a diventare una bellissima giornata. Stasera la luna appena sorta, quasi piena, é una padella enorme, giallo arancione. Una volta salita in cielo ha  perso forza e le stelle si sono fatte vedere per la prima volta da quando sono qui, vale a dire quasi da un mese e mezzo.

sabato 20 luglio 2013

Trentacinquesima puntata - Diario di Pechino






15 agosto 2011 – Pechino

Oggi è grande festa in Italia, giorno indimenticabile.Come sempre, sono andata a scuola. Il cielo è stato buio tutto il giorno, ad intervalli pioveva pure.

“E’ grande festa in Italia, festeggiamola!” – avevo proposto agli italiani, ma non avevo sortito effetto. Allora, presa dallo scoramento, mi sono incamminata da sola verso quel viale lunghissimo dove si trovavano, in ordine di arrivo, la trattoria alla buona dove mangio sempre il pesce, il ristorante con tutte quelle sale e salette in cima alla scala e poi una serie infinita di locali e localini dai gusti più svariati che non avevo ancora conosciuto.

Mi sono spinta lontano e, sull’altro lato del vialone, avevo superato una trattoria islamica con i tavoli in strada. Gente a quell’ora doveva essercene tanta ma dall’islamico regnava una grande pace. Proseguendo avevo visto altri posti più o meno interessanti ma nessuno come l’islamico m’aveva incuriosita. Tornata indietro mi ero decisa a fermarmi.

Il padrone, con il zuccotto in testa, è venuto a prendere l’ordine. Avevo chiesto spiedini di agnello (ben cinque!), spiedini di peperoni e un piattino di verdure fresche, crude. Avendo dimenticato di ordinare del pane i cinque spiedini di agnello erano finiti in un attimo. Quando ne chiesi altri cinque, ecco arrivare gli spiedini di peperone, enormi e anche un bel pane arabo arrostito, fatto a spicchi e condito con poco olio e rosmarino. Infine arrivò anche il piattino di verdure. Avevo bevuto quasi tutta una bottiglia di birra di formato grande. Il cibo era quanto mai semplice ma molto saporito. Ad un certo punto si è avvicinata la padrona, si è seduta e abbiamo cominciato a parlare. Era una giovane donna, sui …..anta, non saprei precisarlo. Un viso così bello: occhi grandi e zigomi alti. Le chiesi da dove veniva e lei mi disse che veniva da una parte a nord-ovest. Quando le chiedevo della famiglia si emozionava – le mancava tanto la mamma anziana. Ogni volta che tornavano a casa erano diciasette ore di treno. Io le parlavo dell’Italia, della festa della nostra Santa… quando lei esclamò: “MA- LI- A! “. Loro, invece, sono musulmani, sulla facciata del locale è ben visibile una grande moschea. Lei mi diceva che i musulmani in Cina erano molto numerosi, interi tribù popolosi, che a Pechino ci stavano bene ma il clima era pessimo, che la figlia grande s’era appena laureata, che loro avevano tanta nostalgia di casa.

Quando era ora d’andare mi avevano fatto lo sconto e io avevo promesso di tornare.

Penso di aver degnamente festeggiato il Ferragosto, pur lontano da casa.

sabato 13 luglio 2013

Trentaquattresima puntata - Diario di Pechino




                                       
 Il baretto dove consumavo i momenti più tristi, da sola


14 agosto 2011 – Pechino

Domani è Ferragosto. Lo so, perché ho letto il Corriere della Sera, on line.

E’ tutto così lontano. Un sogno. Da qualche parte del mondo le cose continuano andare avanti sulla loro strada come se nulla fosse successo. Bagnini che gridano, mamme che pettinano le figlie, ragazzi che si guardano in cagnesco.

Io, io, io. Io non sono lì.

Eppure quell’Italia io la conosco, sento in bocca il sapore della pasta al forno, nelle orecchie odo ancora la risacca. Sono morta e sono su, nel cielo. Guardo l’andirivieni delle cose, sento un pizzico di nostalgia ma è solo un'illusione;  io non ho più sensazioni.

E’ stata dura, tremendamente dura, stare qui senza la sicurezza che tutto questo un giorno finirà. Costantemente temere per il proprio futuro dove i dubbi e le incertezze avevano l’assoluto predominio su tutto.

Adesso non è più così. Adesso ho la data del mio volo, non è tanto lontano, e soprattutto so dove sarò, cosa farò. Qualche incertezza c’è tutt’ora ma è poca cosa. In questa certezza entra pian piano la consapevolezza dell’altro. Dell’altro mondo, quello cui ero abituata, quello che ritroverò tra non molto, se Dio lo vorrà.

Quel mondo io l’avevo dimenticato. Non mi ero permessa di averlo davanti agli occhi, di ricordarmelo con nostalgia. Ero a Pechino e di Pechino si parlava. Della vita “qui ed ora”. Nemmeno un mezzo pensiero in più. Quando iniziai a sognare ad occhi aperti l’uomo che non avrei dovuto  amare, avevo capito di essermi allontanata dalla realtà. Sognare proprio lui aveva tutta l’aria di evadere dal mondo dove mi trovavo e dal momento che stavo vivendo. La mia capacità di adattamento era arrivata al limite. A quanto pare, per risalire prima bisogna toccare il fondo. Io il mio fondo l’avevo toccato ad onta di tutta la mia forza di volontà tesa a non cedere. Avevo ceduto e in quello stesso momento avevo deciso che volevo salvarmi. Da lì la risalita è stata lenta ma inarrestabile.

Stasera avevo pensato all’Italia come a una realtà esistente. Sebbene mi sembrasse un sogno, quel mondo esisteva. Lì c’era una vecchia gatta malata che mi stava aspettando. Per lei, e solo per lei, sembrava che io fossi la cosa più importante al mondo. Poi, lentamente, uscirono dalla nebbia delle persone intente a vivere le loro vita. Per me erano come delle marionette dietro una tenda. Li vedevo ma loro non vedevano me; io ero inesistente.