sabato 20 luglio 2013

Trentacinquesima puntata - Diario di Pechino






15 agosto 2011 – Pechino

Oggi è grande festa in Italia, giorno indimenticabile.Come sempre, sono andata a scuola. Il cielo è stato buio tutto il giorno, ad intervalli pioveva pure.

“E’ grande festa in Italia, festeggiamola!” – avevo proposto agli italiani, ma non avevo sortito effetto. Allora, presa dallo scoramento, mi sono incamminata da sola verso quel viale lunghissimo dove si trovavano, in ordine di arrivo, la trattoria alla buona dove mangio sempre il pesce, il ristorante con tutte quelle sale e salette in cima alla scala e poi una serie infinita di locali e localini dai gusti più svariati che non avevo ancora conosciuto.

Mi sono spinta lontano e, sull’altro lato del vialone, avevo superato una trattoria islamica con i tavoli in strada. Gente a quell’ora doveva essercene tanta ma dall’islamico regnava una grande pace. Proseguendo avevo visto altri posti più o meno interessanti ma nessuno come l’islamico m’aveva incuriosita. Tornata indietro mi ero decisa a fermarmi.

Il padrone, con il zuccotto in testa, è venuto a prendere l’ordine. Avevo chiesto spiedini di agnello (ben cinque!), spiedini di peperoni e un piattino di verdure fresche, crude. Avendo dimenticato di ordinare del pane i cinque spiedini di agnello erano finiti in un attimo. Quando ne chiesi altri cinque, ecco arrivare gli spiedini di peperone, enormi e anche un bel pane arabo arrostito, fatto a spicchi e condito con poco olio e rosmarino. Infine arrivò anche il piattino di verdure. Avevo bevuto quasi tutta una bottiglia di birra di formato grande. Il cibo era quanto mai semplice ma molto saporito. Ad un certo punto si è avvicinata la padrona, si è seduta e abbiamo cominciato a parlare. Era una giovane donna, sui …..anta, non saprei precisarlo. Un viso così bello: occhi grandi e zigomi alti. Le chiesi da dove veniva e lei mi disse che veniva da una parte a nord-ovest. Quando le chiedevo della famiglia si emozionava – le mancava tanto la mamma anziana. Ogni volta che tornavano a casa erano diciasette ore di treno. Io le parlavo dell’Italia, della festa della nostra Santa… quando lei esclamò: “MA- LI- A! “. Loro, invece, sono musulmani, sulla facciata del locale è ben visibile una grande moschea. Lei mi diceva che i musulmani in Cina erano molto numerosi, interi tribù popolosi, che a Pechino ci stavano bene ma il clima era pessimo, che la figlia grande s’era appena laureata, che loro avevano tanta nostalgia di casa.

Quando era ora d’andare mi avevano fatto lo sconto e io avevo promesso di tornare.

Penso di aver degnamente festeggiato il Ferragosto, pur lontano da casa.

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